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Maruska Albertazzi è nata a Bologna nel 1976. Diplomata in Florida, laureata in Comunicazione di Massa a Bologna, giornalista professionista, ha lavorato prima come attrice e aiuto regista in teatro e, in seguito, come giornalista televisiva, sceneggiatrice, autrice e infine regista.

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Perchè le modelle grasse fanno bene anche a chi grassa non è

Perchè le modelle grasse fanno bene anche a chi grassa non è

Questo articolo avrebbe dovuto uscire su un quotidiano, ma la grassofobia è ancora così radicata che risulta scomodo e sgradito ai più.

Lo pubblico qui, aspettando i vostri commenti (per commentare non è necessario registrarsi, non fate i timidi).

Il dibattito sulla rappresentazione dei corpi grassi nella pubblicità e nella moda non è mai stato tanto acceso. Non perché prima donne con taglie sopra la 50 non esistessero ma perché non erano mai state davvero prese in considerazione dal mercato. Per quanto nell’alta moda ci si limiti ad includere giusto qualche modella curvy, con il corpo a clessidra e una taglia mai sopra la 48, sono molti i siti di vendita on-line, soprattutto americani, che pubblicizzano i loro abiti con modelle ben al di sopra le taglie canoniche. Donne con la pancia, il fisico a mela, braccia grosse che si mostrano sorridenti e sexy dentro abiti studiati per valorizzarle. A prescindere da qualsiasi considerazione sul disagio che può rappresentare vivere in un corpo plus-size in un mondo grassofobico e dalle possibili implicazioni sulla salute, è interessante considerare quanto una maggiore rappresentazione di taglie e forme diverse possa influire sulla percezione che ognuno di noi ha del proprio corpo. In un’epoca in cui i disturbi alimentari e la ricerca spasmodica della magrezza sembrano diventati un tratto generazionale, quei rotoli di ciccia che si affacciano baldanzosi da abiti succinti hanno un effetto taumaturgico su chi combatte quotidianamente con il proprio aspetto fisico e la propria autostima. Molti obiettano che l’obesità è una patologia che comporta rischi e disagi e che non è corretto mostrare persone obese che sembrano felici di esserlo. Il punto è decidere se il solo fatto di vedersi rappresentate – e adeguatamente vestite – sia un’incitazione a non dimagrire o piuttosto la messa in atto del diritto ad esistere. Pensare che una persona obesa debba per forza essere triste, arrabbiata, che si debba vergognare del proprio corpo e nasconderlo con tendoni da circo è una discriminazione che lascia fuori dal discorso i diretti interessati, che hanno tutto il diritto di sorridere, se ne hanno voglia e di mostrarsi, se lo desiderano. Sdoganare i corpi grassi amplia l’universo di riferimento anche delle persone normopeso, quelle persone che non indossano pantaloni aderenti anche se portano la 44 perché convinte di non poterseli permettere. Una moda più inclusiva finisce inevitabilmente per avere un impatto anche su chi grasso non è, perché annulla lo spauracchio del corpo non presentabile, decretando che tutti i corpi sono validi, non solo quelli con una forma prestabilita. Scoprire di non essere al limite di un continuum dove 48 è l’ultima taglia disponibile ma di trovarsi nel mezzo, può modificare e di molto la percezione del sé, togliendo il peso del giudizio dalle spalle di moltissime donne. Non rappresentare i corpi grassi non ha alcun effetto sulla volontà di dimagrire, tant’è che i tassi di obesità sono in costante crescita da sempre. Far finta che queste persone non esistano, renderle invisibili, negargli la possibilità di indossare gli abiti che desiderano, ha solo l’effetto di rafforzare lo stigma. L’idea che solo alcuni corpi siano validi e che questa validità sia direttamente proporzionale alla magrezza non fa che nutrire l’insicurezza e la corsa alla magrezza di tutta la popolazione, che sia effettivamente grassa o meno.

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1 Commento

    Livia

    12th Nov 2022 - 7:45

    Bellissimo articolo! Mi viene in mente che un passo della “rivoluzione” sarebbe far produrre alle aziende di abbigliamento molte più taglie dalla 48 in su. Vedere le modelle grasse rappresentate ma poi entrare in un negozio (anche di grandi marchi, magari “accessibili ai più”) e vedere solo taglie fino massimo alla 46 oppure vedere che già dalla 48 sei “curvy” e con uno stile di abbigliamento che di certo nè valorizza, né fa stare comode/i, è una delle prime cose che ti fa sentire fuori “forma”, fuori dalla “misura giusta” e inizia a farti disprezzare il tuo corpo.
    Mi piacerebbe sperare però che almeno rappresentare corpi grassi possa farci uscire dal mondo dei commenti, della valutazione e dall’imprigionamento in uno standard dei corpi altrui, quello in cui la prima cosa che si vede dell’altro è solo se è ingrassato o dimagrito.

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